mercoledì 30 dicembre 2009

Emanuele Fiano al mio babbo

Lele, il marito di mia sorella Tamara
ha letto un suo saluto a mio padre al funerale...
situazione molto densa di contenuto,
molte persone tristi, molti volti cari.
Lele ha pianto molto,
anche Vito si e' molto commosso parlando di LUi.
Io, sentendo che Lele aveva delle difficolta' a non piangere
ho cercato di fargli forza, standogli vicino...
e un certo momento l'ho accarezzato perche' riussisse a continuare...

Io ero un po' a disagio, per via del rito ebraico e dei
rabini la cui presenza
mi ha sempre dato un po' fastidio...

ecco il discorso di Lele che me lo ha spedito perche' sia pubblicato.


Angelo, Gabbiano per le bestie, Gabi per molti amici,
si è spento dopo aver molto sofferto, troppo;
noi confidiamo che gli sia lieve la terra
e che ne sia dolce il ricordo per tutti voi.
Caro Angelo, ci e’ molto difficile pensare che tu non ci sia,
la tua presenza nella nostra vita era intensa.
Sentiamo ancora la tua voce, e i tuoi giudizi,
le tue arrabbiature e i tuoi slanci.
Non sei passato in questo mondo senza aver lasciato traccia, anzi.
La tua voglia di raccontare e il tuo desiderio di parlare,
il tuo circondarti di amici e il tuo essere molto amico,
hanno riempito le nostre vite di ricordi di ogni parte della tua vita.
Ho molti ricordi vividi dei tuoi racconti,
dal primo morto che avevi visto quando eri nascosto
con la tua famiglia nei boschi della Garfagnana,
e non ricordo bene se avevi visto un tedesco o un partigiano morto,
ma so l’effetto che aveva avuto su di te,
di quell’inverno fatto solo di castagne e castagne e castagne,
di tuo padre arrestato e portato via
e di tua madre che riesce ad andare a trovarlo,
di tuo fratello Edo deportato come lavoratore coatto a Berlino,
ai morti della guerra del 56 nel Sinai,
alla scazzottata con il soldato israeliano che maltrattava
i prigionieri egiziani.
Cazzotto, mi ricordo bene quest’espressione che usavi
spesso per raccontare della tua rabbia giovanile,
anche se rabbioso sei sempre rimasto,
usavi anche nocchino,
anche per raccontare di cosa succedeva quando
qualcuno parlava male degli ebrei
per strada quand’eri ragazzo, a Viareggio.
Viareggio, la tua città di nascita, il banco della tua famiglia,
il dialetto giudaico toscano viareggino,
e l’Alice, la tua mamma e i tuoi conflitti con Lei,
lei che era venuta in classe per prenderti
e portarti via a lavorare, questo a Milano,
lei che urlava e voleva importi la legge in casa,
e Israele il tuo grande amore, gli Zofim, le bestie, Gad e la Lia,
Israele e il sionismo, forse anche come taglio netto con la famiglia,
e poi tuo padre Arnoldo, anarchico poi socialista,
più dolce e defilato della mamma.
Israele quanti racconti,
la Zenna, due olive e un uovo sodo la sera a cena,
Bar Am e la vita con Gabriella, le lettere a Eleano il fratello piccolo,
quasi da proteggere, un senso di protezione
che avevi mantenuto ancora, la falange tagliata di netto in Masgherià,
la nascita di Dan mentre eri Militare,
poi la vita a Tel Aviv, Ramat haial, e poi la tua passione per il disegno,
ma dicevi sempre che era tuo fratello Romano
quello bravo in disegno,
la tua esperienza in Israele alla stamperia di stato,
e poi in Italia, tecnico di carte valori e
poi dirigente di quel settore così particolare.
Avevi accarezzato l’idea di diventare architetto
ad un certo punto, e mi parlavi di quel tuo progetto,
di quando eravate giovani con Donatello,
e poi della scuola serale di Brera,
me ne parlavi mentre io studiavo all’Università,
e mi avevi voluto affidare il mio primo progetto,
quello della tua nuova casa in Via Bergamo,
a me sembrava di non sapere niente,
ma tu mi incoraggiavi. io ero terrorizzato.
Avevi molto gusto per le cose, amavi arredare le tue case,
e hai sgridato ogni giorno che avete convissuto,
la povera Paulette per qualcosa che non era perfettamente a posto.
Ma forse era il tuo modo burbero di mostrarle il tuo grande amore per lei.
Paulette che forse meriterebbe un monumento per la grande pazienza.
Avevi molto sperato che qualcuno dei tuoi figli andasse a vivere in Israele,
prima la Tamara e poi Dan,
e che vivessero in Kibbutz per riprendere
la strada che era stata tua e della Gabriella,
per la Tamara il colpevole sono io se non siamo rimasti li.
Non dimenticheremo mai quel tuo viaggio a Sasa
per spronarci comunque a decidere, e di quella volta che a MIlano
ci impedisti di andare a vivere insieme perchè studiavamo ancora.
Ora Dan abita in Israele anzi è tornato in Israele,
e un pezzo dei Rabà ha piantato le tende e ha generato un futuro in Israele.
Hai amato le cose belle della vita, viaggiare, cantare, cucinare,
sistemare le tue case, cambiare le tue macchine,
il bridge il vestirti sempre con gusto e hai amato la politica,
come scelta di stare da una parte, la sinistra,
la parte di chi ha meno, la parte degli operai,
la parte di chi subisce ingiustizia.
Odiavi l’Italia di ora, specie di chi governa,
e non ti sei dato pace di non poterne vedere la fine.
L’ultima cosa che mi hai chiesto da cosciente è stata
come andavano le mie primarie e come sarebbe finita.
Hai sperato per tutta la tua vita nella pace tra Israele e i palestinesi,
ed eri molto pessimista sul futuro.
Ora è finito il tuo tempo di vivo, non la tua presenza,
non la tua eredità di uomo mai indifferente,
di uomo giusto e incrollabile nei propri principi.
In questo mondo così difficile, così ingiusto e corrotto,
in questo mondo in cui spesso è così difficile
insegnare ai propri figli a sperare in un futuro migliore,
e in cui a volte vorresti voltarti dall’altra parte,
sappiamo di averti al nostro fianco
e sentiamo che la tua forza non ci abbandonerà.



Emanuele Fiano
fiano_e@camera.it


Questo discorso e' stato bello e partecipato,
anch'io ho pianto e piango anche ora che
lo rileggo.
Spero che ora lo leggeranno in molti
e si ricorderanno chi era il mio babbo.


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